Ode a Walt Whitman

 

(da Poeta a New York, 1929 – 1930)

di Federico García Lorca

 

 

Sull’Est River e sul Bronx

I ragazzi cantavano mostrando le proprie cinture

Con la ruota, l’olio, il cuoio e il martello.

Novantamila minatori estraevano l’argento dalle rocce

E i bambini disegnavano scale e prospettive.

Ma nessuno dormiva,

nessuno voleva essere il fiume,

nessuno amava le grandi foglie,

nessuno l’azzurra lingua della spiaggia.

Sull’East River e sul Queensborough

I ragazzi lottavano con l’industria

E gli ebrei vendevano al fauno del fiume

La rosa della circoncisione

E il cielo scaricava sui ponti e sui tetti

Mandrie di bisonti sospinte dal vento.

Ma nessuno si fermava,

nessuno voleva essere nube,

nessuno cercava le felci

né la gialla ruota del tamburo.

Quando la luna spunterà

Le pulegge nuoteranno per far cadere il cielo;

un limite di aghi assedierà la memoria

e i feretri porteranno via quelli che non lavorano.

New York di melma,

New York di fil di ferro e morte.

Che angelo nascondi nella guancia?

Che voce perfetta dirà le verità del grano?

Chi il sogno terribile dei tuoi anemoni macchiati?

Neanche un solo momento, bel vecchio Walt Whitman,

ho smesso di vedere la tua barba piena di farfalle,

né le tue spalle di velluto consumate dalla luna,

né le tue cosce di Apollo verginale,

né la tua voce come una colonna di cenere;

anziano bello come la nebbia

che gemevi al pari di un uccello

con il sesso attraversato da un ago,

nemico del satiro,

nemico della vite

e amante dei corpi sotto la stoffa grezza.

Neanche un solo momento, bellezza virile

Che su monti di carbone, annunci e ferrovie

Sognavi di essere un fiume e dormire come un fiume

Con quel compagno che avrebbe lasciato nel tuo cuore

Un piccolo dolore da ignaro leopardo.

Neanche un solo momento, Adamo di sangue, maschio,

uomo solo sul mare, bel vecchio Walt Whitman,

perché sulle terrazze,

riuniti nei bar,

uscendo a grappoli dalle chiaviche,

tremando tra le gambe degli chauffers

o ruotando sulle piattaforme dell’assenzio,

i pederasti, Walt Whitman, ti sognavo.

Anche lui! Anche! Si slanciano

Sulla tua barba luminosa e pura,

biondi del nord, negri dell’arena,

masse di grida e gesti,

come gatti e come serpenti,

i pederasti, Walt Whitman, i pederasti

foschi di lacrime, carne da frusta,

stivale o morso dei domatori.

Anche lui! Anche! Dita tinti

Puntano la riva del tuo sogno

Quando l’amico mangia la tua mela

Dal lieve sapore di benzina

E il sole canta sugli ombelichi

Dei ragazzi che giocano sotto i ponti.

Ma tu non cercavi gli occhi graffiati,

né la buia palude dove si tuffano i bambini,

né la saliva gelata,

né le curve ferite come ventre di rospo

che portano i pederasti su vetture e terrazze

mentre la luna li flagella agli angoli del terrore.

Tu cercavi un nudo che fosse come un fiume,

toro e sogno che unisse la ruota con l’alga,

padre della tua agonia, camelia della tua morte,

e piangesse nelle fiamme del tuo equatore occulto.

Perché è bene che l’uomo non cerchi il piacere

Nella selva di sangue del prossimo domani.

Il cielo ha spiagge dove evitare la vita

E ci sono corpi che non devono ripetersi nell’aurora.

Agonia, agonia, sogno, fermento e sogno.

Questo è il mondo, amico, agonia, agonia.

I morti si scompongono sotto l’orologio delle città,

la guerra passa piangendo con un milione di ratti grigi,

i ricci danno alle loro amanti

piccoli moribondi illuminati,

e la vita non è nobile, né buona, né sacra.

L’uomo può portare avanti il proprio desiderio, se vuole,

per una vena di coralli e nudo celeste.

Domani gli amori saranno rocce e il Tempo

Una brezza che si addormenta sui rami.

Per questo non alzo la voce, vecchio Walt Whitman,

contro il bambino che scrive

un nome di bambina sul cuscino,

né contro il ragazzo che si veste da sposa

nel buio del guardaroba,

né contro i solitari dei casini

che devono con schifo l’acqua della prostituzione,

né contro gli uomini dal verde sguardo

che amano l’uomo e bruciano le proprie labbra in silenzio.

Ma contro di voi, sì, pederasti delle città,

dalla carne tumefatta e dai pensieri immondi,

madri di fango, arpie, insonni nemici

dell’Amore che distribuisce corone di gioia.

Contro di voi sempre, voi che date ai ragazzi

Gocce di lorda morte con amaro veleno.

Contro di voi sempre

Faeries del Nord America,

Pájaros dell’Avana,

Jotos del Messico,

Sarasas d Cádiz,

Apios di Sevilla,

Cancos di Madrid,

Floras di Alicante,

Adelaidas del Portogallo.

Pederasti di tutto il mondo, assassini di colombe!

Schiavi della donna, cagne dei gabinetti,

aperti sulle piazze con febbre di ventaglio

o imboscati in secchi paesaggi di cicuta.

Senza tregua! La morte

Sgorga dai vostri occhi

E ammassa fiori grigi sulla sponda del fango.

Senza tregua! Sveglia!

I confusi, i puri,

i classici, i segnalati, i supplicanti

vi chiudano in faccia le porte dell’orgia!

E tu, bello Walt Whitman, dormi sulle rive dell’Hudson,

la barba al polo e le mani aperte.

Tenera argilla o neve, la tua lingua sta chiamando

Compagni che veglino la tua gazzella senza corpo.

Dormi, nulla resta.

Una danza di muri agita le praterie

E l’America affoga tra macchine e pianto.

Voglio che il forte vento della notte più profonda

Porti via fiori e lettere dall’arco dove dormi

E un bambino negro annunci ai bianchi dell’oro

L’avvento del regno della spiga.

 

 

(traduzione dallo spagnolo di Claudio Rendina)



 torna alla schermata "U.S.A."

 torna alla mappa concettuale