Italia: introduzione al
v e r s o l i b e r o
Definizione:
il verso libero (dal francese vers libre) deve essere considerato come il frutto di un lungo processo di liberazione dalle convenzioni che si erano storicamente riversate sul segno poetico, in tale misura da costituire quasi un primum di necessità e un’equivalenza tra ricorso ad istituti di versificazione, di metrica, di ritmi e la poesia in sé, intesa come esigenza di dare voce a contenuti ricercati in un mondo inferiore o esterno, intessuto, comunque, di segni. Il percorso di rinnovamento, che ha sempre di più e con determinazione mirato a consentire al singolo poeta e alla singola poesia di esprimere un proprio originale mondo di contenuti e di linguaggio, anche sul piano metrico, è stato a dir poco complesso e lungo.
Potremmo individuare la spinta originaria nella polemica romantica contro il concetto di imitazione, che allontanò l’invenzione poetica dalle astrattezze, dalla vincolante necessità di riconoscersi in fissati e convenzionali ambiti contenutistico-formali, miranti tutti a costruire un’idea assoluta ed eterna di Bellezza. La straordinaria novità della poesia romantica, però, si attestò sostanzialmente a livello di contenuti, apportandone una messe ricchissima che il poeta intendeva comunicare a strati di lettori vasti, nuovi, compartecipi della scoperta e dell’affermazione di elevati valori condivisibili. Per questo motivo la parola poetica restava necessariamente ancorata ai significati, impedendosi, per così dire, di attestare il proprio valore autonomo ed eteronomi di significante nei confronti di una realtà o di un sentimento che poteva e doveva farsi comprendere (cfr. Rinnovamenti metrici ottocenteschi fino alla sperimentazione di Carducci, Pascoli e D’Annunzio).
Solo col Decadentismo e col Simbolismo la crisi ormai matura ed irreversibile delle istituzioni letterarie si completa, anche sul piano formale, ed allora si chiude, sulle rovine di un tempo lunghissimo nella modalità di fare poesia, il tempo nuovo, che è quello della poesia contemporanea e quindi anche della metrica libera o liberata, in definitiva del verso libero (cfr. origini del verso libero: G. Khan). Che significato possono avere più le istituzioni statiche e tranquillizzanti che vincolano l’invenzione originale (e per questo imitabile) del poeta a norme linguistiche date, fissate e condivise fino all’ovvietà? La parola del poeta comincia ad essere intuita ora, sul declinare dell’Ottocento, nel suo valore simbolico ed allusivo, pienamente autonoma nella sua funzione e nella sua struttura, perché ha totalmente eliminato la distanza tra l’interiorità che si esprime e le strutture che necessitano per ciò, portando a coincidere cosa e parola, essenze e funzioni. E se la parola ora fonda la realtà e la fa esistere, i messaggi del poeta coincidono coi codici, che cessano di esserne il presupposto, e vengono essi stessi reinventati, diventando un possesso esclusivo ed esibito dal poeta come proprio (cfr. Verlaine, Rimbaud e Mallarmé). E’ per questo che la poesia, dopo Les Fleurs du Mal (Baudelaire, 1857), è pura e costante sperimentazione del nuovo, dell’inedito, soprattutto in quanto forma, è la via dell’inespresso e talvolta quasi dell’inesprimibile, se non come formula di magica risonanza, rispetto a ciò che esiste, alternativa autentica che finalmente ha trovato "parola". Dunque, in un clima di sostanziale novità, la poesia, che diviene ricerca e sfida fino ad intridersi di musica, fino all’urlo o al silenzio e a divenire testimonianza dei mala mundi o al riservarsi un ruolo totalmente demiurgico di creazione del mondo, è il segno più chiaro della complessità dell’uomo contemporaneo, in cui tragico e comico, tenerezza e brutalità, sogni e realtà convivono, costretto come è ad un ulissismo senza porto, spinto da voluntas o noluntas. E la poesia è testimone sofferta di nuovi mondi emersi, di quegli iceberg di cui si poteva intravedere solo una piccola e superficiale parte, e la testimonianza ci viene offerta ancora col verso, liberato come un Prometeo, all’interno di una metrica anch’essa liberata. La parola in quanto suono è segnale di un’urgenza che non è solo spirituale, eterno suono con cui si adora e si dissacra, si disprezza e si ama, e in definitiva si vive, in un continuum di esperienza.
Nel contesto tardo-ottocentesco la rivoluzione poetica accompagna altre rivoluzioni, che non sono solo quelle industriale e tecnologica, ma in campo culturale quelle della nuova musica di Wagner, Debussy, Ravel, per fare solo qualche nome, delle nuove filosofia irrazionalistiche, da Nietzsche a Bergson, all’esistenzialismo, delle rivelazione dell’inconscio da parte di Freud, delle arti figurative che coi nuovi segni danno corso alle avanguardie storiche.
Per concludere, ritornando alla questione iniziale, possiamo dire che il verso assume nuove dinamiche e nuove modalità d’impiego, negando la canonica euritmia tradizionale e si rivolge al lettore secondo nuovi patti consistenti in (Pazzaglia):
Contemporaneamente la metrica diviene effettivamente libera quando si verificano simultaneamente queste tre condizioni (P. V. Mengaldo):
Così il poeta tardo-ottocentesco e novecentesco cerca di esprimere mondi e possibilità, dubbi e consolazioni, e di esprimersi (cfr. Tardo-simbolismo: influssi sulla poesia italiana tra ‘800 e ‘900; inoltre cfr. Dal verso libero a parole in libertà: Lucini e Marinetti).
Contributo: Scelte antologiche inerenti al verso libero in Italia (a cura di Romeo Romei)
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